13° Giro Vespistico dei 3 Mari

La mia 3 Mari

Forse quando mi hanno chiesto di partecipare a questa gara la mia risposta è stata un entusiastico sì, proprio per il nome: tre mari. La mitica gara che si correva negli anni '50 con le famosissime Vespa Sport.Ho detto subito sì, anche perché sapevo la storia di questa gara. La gara delle gare. Ancora più importante della famosissima Millechilometri, perché anche allora veniva disputata coinvolgendo tutto il Sud Italia, Sicilia compresa.Ho detto subito sì, perché non vedevo l'ora di percorrere quelle centinaia di chilometri, sempre, o quasi, in vista del mare. Quei meravigliosamente lunghi mille e cento chilometri che mi sarei portato nel cuore.Beh, così non è stato.Ha sempre avuto la fama di essere una gara durissima, che metteva a dura prova sia i piloti che le moto.E così è stato.L'impresa più grande sarebbe stato riuscire a finirla, portare a termine più tappe possibili delle 5 totali. Quasi impensabile riuscire ad arrivare alla fine. Poi, la classifica: riuscire a essere tra i primi trenta per prendere abbastanza punti in ognuna delle tappe.
Il primo pensiero: la moto, come riuscire a prepararla in tempo e per una gara così estenuante e su strade così disastrate, dove il motore poteva girare anche per sedici ore tirate con poche e brevi soste. Quali i pezzi di ricambio da portare con sé per prevedere qualsiasi tipo di rottura o inconveniente.Perciò investo l'unica settimana di ferie per preparare la moto, ma anche e soprattutto me stesso: allenamenti continui per affinare la tecnica di passaggio sulle fotocellule cercando la perfezione, lo zero al centesimo.Naturalmente, come ormai da tradizione, la moto a poche ore dalla partenza era ancora assai lontana dall'essere a posto.
Partenza all’alba del giorno della gara. Seicento chilometri per arrivare al punto dove comincia l’avventura. Seicento chilometri per raggiungere la bellissima Reggia di Caserta.Poco riposo, ma ormai questa parola si può anche toglierla dal vocabolario per le prossime ore, per i prossimi giorni.Inizio a preparare ogni cosa sulla moto, anche perché devo portare con me il cambio per due notti, una in traghetto, abbigliamento per qualsiasi evento atmosferico, dal caldo torrido, alla pioggia, al freddo della mattina presto; così di nuovo mi trovo a guardare quella povera moto, carica all’inverosimile, ma pronta per un viaggio dalle mille incognite.
Gli inconvenienti iniziano subito. Appena fatta scendere una delle moto dal furgone, forse per la poca manutenzione o forse solo per sfortuna, si allenta il dado che fissa il rubinetto del serbatoio e la benzina fuoriesce abbondantemente. Manca poco alla partenza e nessuno ha pensato di portare quella chiave che fissa quel dado, così, improvvisando, riusciamo a fissarlo, pur coscienti che non sarà una cosa definitiva, perché bisognerà rimediare in qualche modo.Arriviamo alla partenza per la consegna del pacco gara e per la punzonatura.I passaggi della prima prova speciale sono proprio sotto la Reggia.In un attimo di tempo che mi impongo, riesco a guardarmi intorno, a gustarmi quel momento e a rendermi conto che effettivamente ce l'ho fatta, sono riuscito ad essere pronto a partire e, con una profonda emozione, inizia questa nuova avventura, consapevoli che prima o poi bisognerà risolvere quel problema.
Un amico si offre di accompagnarci in un negozio aperto per procurare quella chiave, sapendo che la deviazione allungherà il percorso di altri trenta chilometri. Quei chilometri passano per vie e vicoli di Napoli che non ci saremmo nemmeno sognati di attraversare, ma siamo tranquilli perché scortati da un ragazzo proprio di quei quartieri. L'attraversamento di quella città nel tardo pomeriggio sarà una delle emozioni che ricorderò di più di questa gara; il traffico, ma pure il fascino di quella confusione, e il pericolo costante, ma, nonostante tutto, mi sento completamente a mio agio in quella situazione così disordinata.Arriviamo finalmente al porto per l’imbarco, dove un controllo timbro, raggiunto nei tempi stabiliti, chiude la prima tappa e ci lascia salire sul traghetto.
Appena arrivo sul ponte rimango estasiato dal tramonto che sta colorando le colline e in quel momento capisco che tutto quello che dicono sulla magia di quella città ha un senso; così imprimo quelle immagini negli occhi.Vado a dormire pensando all'indomani e a quanto sarà bella la costa siciliana in estate.Dopo poche ore ho già azionato la leva della messa in moto, pronto a costeggiare la litoranea. La temperatura è perfetta e per qualche ora posso gustarmi quei paesaggi prestando attenzione solo alla strada e al traffico. E quella carovana di Vespa che si muove verso un'unica meta mi rende felice di essere lì.Quando arrivo ad un controllo timbro nel paese di origine di un mio compagno di squadra vengo accolto dalla proverbiale ospitalità di quelle persone che ci offrono i prodotti locali con un forte calore familiare. Alla ripartenza un'altra rottura rallenta la marcia e una moto della nostra squadra è costretta a fermarsi perché non c'è tempo per sistemarla. Con un po' di amarezza per avere abbandonato un componente della squadra, proseguiamo.
Tirati per il tempo perso, cerchiamo di forzare l'andatura per arrivare in orario al porto, per poter prendere il traghetto che ci porterà in continente, ma un altro inconveniente proprio alla mia moto fa perdere ulteriore tempo prezioso, quindi sistemiamo in modo provvisorio la marmitta caduta e ripartiamo con una preoccupazione in più.Attraversiamo la caotica città di Messina e finalmente arriviamo al porto per attraversare lo stretto, ma poche centinaia di metri prima perdo definitivamente la marmitta e il supporto che impedisce di fissarla nuovamente. La preoccupazione aumenta e durante la breve traversata proviamo a pensare a un modo per risolvere il problema, perché la gara è ancora lunghissima, ma soprattutto perché appena arriviamo a Reggio Calabria dovremo affrontare la seconda serie di prove cronometrate e sicuramente questo non gioverà alla concentrazione.Gli amici dell'organizzazione mi aiutano con strumenti di fortuna a fissare la marmitta e si spera che sia vero quel che si dice della Vespa che si aggiusta anche con del fil di ferro e che ti porta sempre a casa.Però ci sono ancora più di seicento chilometri da percorrere su strade sconquassate; quindi dopo pochi minuti sono sulla linea di partenza, pronto per i passaggi, sperando di fare il meglio possibile.Senza pensare al risultato, riparto tenendo sempre l'attenzione su quel fil di ferro e iniziamo a risalire la costa della Calabria, con un occhio alla strada e un occhio al mare.Nel frattempo il compagno di squadra che si era fermato è riuscito a sistemare la moto e come da regolamento ritorna in corsa e ci sentiamo sollevati per essere riusciti a ricomporre la squadra.Questo fa risalire il morale un po’ a tutti e toglie stanchezza dalle membra affaticate.Continuiamo più leggeri a percorrere quelle strade sempre difficili sia per il traffico intenso, sia per la pavimentazione così irregolare.Ora si tratta di macinare più chilometri possibile con meno inconvenienti possibile; cerco di non sforzare la moto e piano piano il sole volge verso il tramonto; ma la strada è ancora parecchia prima di raggiungere Cosenza, dove si arriverà ad ora tarda e dove ci aspetta un'altra sessione di controlli orari, poi qualche ora di riposo prima di ripartire per la tappa successiva.
Percorrere la strada provinciale che porta a Cosenza con il buio sarà ricordata come uno dei momenti più difficili e pericolosi, per via del traffico molto sostenuto e delle fievoli luci dei fanali delle moto che le rendono poco visibili, nonostante le giacche rifrangenti obbligatorie. Quindi per non rischiare troppo ci teniamo sul margine più esterno della strada con il rischio di trovare buche profonde o altri ostacoli.
Un'altra sosta per un'altra marmitta allentata ci fa riposare un po' e ci permette di fare i calcoli per l'orario presunto di arrivo. Un compagno di squadra da un'occhiata alla classifica provvisoria e mi comunica che nell'ultimo controllo mi sono piazzato terzo assoluto: l'umore sale alle stelle.0, 7, 20… 0, 7, 20… Cerco di memorizzare i tempi dei prossimi passaggi per essere sicuro di non sbagliare; so che la stanchezza degli altri piloti potrebbe essere determinante per poter fare ancora meglio. 0, 7, 20… Continuo a ripetermeli mentre guido. Manca ancora una salita in quota e ancora un’altra discesa prima di arrivare in città; le percorro in una specie di trance, provocata dalla stanchezza, lasciandomi portare dai miei compagni, fidandomi della loro traiettoria senza pensare ad altro.
Quando arriviamo a destinazione andiamo a parcheggiare la moto nei posti contrassegnati e ci accorgiamo che molti spazi davanti sono ancora liberi, anche se manca molto poco al momento del controllo orario.Capiamo che non è stato facile per nessuno percorrere tutta quella strada nei tempi prefissati, quindi regoliamo l'orologio e iniziamo a portare l'attenzione ai passaggi, anche se la voglia è soltanto quella di fare una doccia e andare a dormire.Riesco a rimanere concentrato e sommo ulteriori punti alla classifica generale, ma prima di andare a dormire devo assolutamente controllare la moto, perché negli ultimi chilometri il motore girava in modo poco pulito, quindi smonto il carburatore per ridurre ancora il getto.
Finalmente arrivo in albergo per riposare, ma quando vedo la sala da pranzo gremita di persone e le tavole apparecchiate rimango spaesato, mi ero proprio dimenticato di non aver cenato e a quell'ora tarda mi sembrava stranissimo, lo stimolo della fame non era proprio una priorità.Dopo poche ore di riposo, ho già addosso i vestiti da viaggio e ripartiamo con il cielo che inizia a tingersi di rosa.Direzione: Mar Ionio, verso il primo controllo timbro della giornata e poi sulla famosa e temibile statale 106 che costeggia il mare.I chilometri passano veloci e ci sono dei tratti di strada che ora faccio fatica a ricordare, forse perché perso nei pensieri, forse perché viaggiare per tutte quelle ore fa perdere il senso del tempo. I paesaggi che si riesce a vedere a quelle velocità non troppo alte ti permettono di gustare i profumi e vedere scorci che in auto o in treno non vedresti.L'obiettivo è arrivare a Gioia del Colle, nel minor tempo possibile, per la quarta sessione di prove cronometrate e poter riposare un po’; fortunatamente questo succede senza grandi imprevisti. C’è solo la preoccupazione per uno strano rumore proveniente dal motore di una moto di un compagno di squadra.
Arrivati all'aeroporto militare della cittadina rimaniamo incantati dagli apparecchi che fanno da scenografia a quel posto.Dopo il pranzo e un po' di riposo, arriva il momento dei passaggi che con la dovuta concentrazione riesco a concludere ancora a punti, mettendo una buona ipoteca per il primo posto nella categoria della mia moto, quella delle moto più vecchie, le moto degli eroi, quelle che per prime affrontarono questa gara massacrante, negli anni '50.
Appena ripartiamo, direzione Mar Adriatico siamo già costretti a fermarci per fissare una ruota posteriore allentata per le continue vibrazioni e sollecitazioni, ma ormai la "cassetta degli attrezzi" è a portata di mano nella sacca della moto, sempre pronta per essere aperta, quindi con l'aiuto di tutti ripristiniamo il fissaggio e ripartiamo.
Attraversiamo interminabili oliveti, dove la strada è una sottilissima striscia grigia tra quelle distese di terra rossa, strade deserte disturbate soltanto dal rumore del motore che le attraversa a velocità costante.Le alte temperature della giornata fanno scatenare un violento temporale che si trasforma poi in una bomba d’acqua e spostandosi velocemente lascia devastazioni sul terreno impermeabile e non abituato a ricevere spesso la pioggia. Guardando il cielo nero e striato là davanti inizio a valutare se fermarmi subito per vestirmi: le nuvole si muovono molto rapidamente. Subito però la strada bagnata dove è appena passata la tempesta diventa scivolosissima, quindi riduciamo la velocità per cercare di rimanere sulle ruote e non rovinare la gara che fino ad ora siamo riusciti a portare avanti. Il rumore del motore del nostro compagno di squadra si è trasformato in un guasto che non gli permette di continuare. Di nuovo a malincuore ci ritroviamo a proseguire in formazione decimata rimanendo sempre attenti a quella strada, che in qualsiasi momento ci fa incontrare ostacoli o pozzanghere così profonde da far arrivare l'acqua all'altezza del motore.
Dopo un altro controllo timbro a Barletta sul Mare Adriatico bisogna riattraversare l'Italia per riportarsi sulla costa tirrenica. Mancano ancora gli ultimi duecento chilometri, forse i più difficili, perché ci sono le montagne da attraversare, anche se i valichi non sono altissimi. La stanchezza accumulata, la moto che manda messaggi che implorano riposo, la giornata che sta finendo e il sole molto basso creano un'atmosfera irreale, che rimane immortalata nella memoria, come una fotografia, paragonabile ad un dipinto di un artista surrealista.Mentre guardo la scia interminabile di moto ronzanti, che lentamente arranca verso gli ultimi estenuanti chilometri, andiamo incontro al tramonto, contro un forte vento che scende dalle cime.
Gli ultimissimi chilometri sono i più strani, quelli in cui inizio a valutare che forse quella di riuscire ad arrivare potrebbe essere un’opzione possibile. La stanchezza si sta trasformando in energia, che leggo negli occhi dei miei compagni, quando incrociamo lo sguardo, e capisco che condividiamo lo stesso pensiero, che, dopo tutti quei chilometri e quelle ore passate insieme, non vediamo l'ora di raggiungere la meta; li guardo e mi chiedo come facciano a resistere ancora dopo tutte quelle ore, senza dare segni di cedimento; poi guardo nello specchietto della moto l'espressione del mio viso e vedo che in fondo è la stessa.
Vivo il momento più bello, quando, nella cittadina di arrivo, con un sorriso incrocio lo sguardo dei miei compagni, sembra un caldo abbraccio dai mille significati, un riassunto di tutti i momenti vissuti dalla partenza, poche ore prima, in un cerchio di 1100 chilometri, attraverso 5 regioni, con tutti i pericoli scampati, tutti i guasti affrontati e sistemati: la felicità di aver scritto una pagina nella storia della propria esperienza.
Sono questi i momenti che ora, quando racconto la storia, vorrei rivivere, quelli in cui sembra di descrivere l'impossibile, tutte quelle ore in movimento, motori che ormai sembrano poter girare quasi in perpetuo, piloti che potrebbero proseguire in quella posizione per ore infinite, e che quando si fermano per una pausa non vedono l’ora di ripartire, contro ogni ragionevole buon senso.E quando riguardo la carta geografica descrivendo il viaggio, mi sembra impossibile essere riuscito a percorrere tutta quella strada, in soli due giorni. Scorro con il dito il percorso, lo guardo. E avrei voglia di ripartire, subito.E mentre racconto, vedo negli occhi di chi ascolta l'ammirazione per quest’avventura, e nei miei quella luce straordinaria di un’impresa, per me, epica.
Arriviamo alla fine, la sensazione è indescrivibile, spengo la moto, le faccio una carezza e ringrazio i miei angeli. Mi siedo sul marciapiede vicino a lei, spaesato, aspettando il momento del passaggio che concluderà la gara.
Mille chilometri, mille pensieri, mille emozioni.
Cerco di ritrovare le priorità, ma non ce ne sono, sono arrivato, sano e salvo. La moto ce l'ha fatta e io anche. La alleggerisco da tutto il peso, pensando che non possa sostenerlo ulteriormente. Intorno tante persone che ci guardano, come se arrivassimo da un altro mondo. Noi, stanchi e affaticati dopo aver visto così tanto in così poco tempo. Eppure dopo tutta quella strada lasciata alle spalle, ora seduto sul ciglio di quella strada, mi guardo intorno, come se quella fosse una realtà parallela, dove il tempo viaggia a velocità diversa.
Non riesco a prendere punti nell'ultima tappa, forse per la stanchezza, forse per avere allentato troppo la tensione, ma fa lo stesso, è stata un gara straordinaria che ricorderò e che mi trovo ora a trasformare in parole, anche se non riuscirò mai a descrivere veramente le sensazioni, chilometro dopo chilometro.I risultati in classifica sono eccezionali: al primo posto la squadra e nei primi dieci i suoi componenti, campioni europei. Al primo posto assoluto un mio compagno, io primo della mia categoria.